terapia fotodinamica

Combattere l’acne con la terapia fotodinamica

Sebbene la maggior parte di noi abbia sofferto di un certo grado di acne durante la pubertà, c’è un gruppo di persone in cui questa malattia diventa un problema di proporzioni notevoli, perché, oltre ad essere fastidiosa e persino dolorosa.

L’acne può diventare un vero disturbo estetico, soprattutto nell’adolescenza, quando in genere viene definita la personalità e l’individuo cerca le conferme tra i suoi coetanei.

Molti di questi pazienti trovano la soluzione in farmaci topici, antibiotici sistemici o retinoidi orali, tuttavia esiste un gruppo che non risponde a nessuno di questi trattamenti. Pensando proprio a loro, sono state sviluppate alcune efficaci alternative, come la terapia Fotodinamica, una modalità terapeutica che prevede la somministrazione topica di un composto fotosensibilizzante, seguita dall’irradiazione delle lesioni con una sorgente luminosa visibile.

Uno dei principali progressi in tal senso è la comparsa di nuovi prodotti, come lozioni fotosensibilizzanti che, essendo più leggere, non ostruiscono i pori e quindi, consentono un’azione più efficace di questa terapia.

Quando è possibile ricorrere alla terapia Fotodinamica.

La terapia Fotodinamica è specificamente indicata nei casi di acne moderata o grave, cioè quando ci sono lesioni infiammatorie, come pustole (brufoli), papule o noduli, nei casi più critici.

Si applica quando il trattamento farmacologico standard non è andato a buon fine o in pazienti con qualche tipo di intolleranza o controindicazione per l’uso di farmaci, come antibiotici sistemici o retinoidi. È particolarmente utile nelle donne in età fertile che non desiderano assumere contraccettivi orali o retinoidi.

L’efficacia di questa terapia si basa sul fatto che riesce a curare due delle principali cause dell’acne: i batteri associati a questa malattia e la ghiandola sebacea, prevenendo l’eccesso di sebo i suoi esiti e quindi anche la comparsa di cicatrici facciali.

Come funziona
La terapia fotodinamica consiste nel posizionare una sostanza fotosensibilizzante (acido aminolevulinico) sulla pelle del viso e una mezz’ora dopo, una volta assorbito il prodotto, l’area interessata viene irradiata con una fonte di luce visibile. A tale scopo, vengono utilizzate lampade speciali o apparecchiature laser come fonte di energia.  Questo genera una reazione fotochimica che agisce per curare la ghiandola sebacea e per distruggere i batteri.

In genere, sono necessarie tra due o quattro sessioni di circa un’ora, separate ogni 7 o 15 giorni. Pertanto, la persona può già vedere i risultati dopo un mese.

Ci sono controindicazioni?

Le principali controindicazioni sono la gravidanza, l’allattamento e una storia di malattie fotosensibilizzanti, come ad esempio il lupus.

Poiché non è un prodotto che viene assorbito a livello sistemico, gli effetti collaterali sono piuttosto locali, come un leggero eritema o l’arrossamento della pelle. In casi molto rari, può verificarsi anche una reazione pustolosa, cioè piccole eruzioni nell’area trattata, che però non dura più di quattro giorni.

Le raccomandazioni dopo ogni sessione sono di evitare il sole e le luci fluorescenti per 48 ore. Se il paziente è costretto ad esporsi a queste radiazioni, può proteggersi usando una crema solare del fattore più alto, applicandola almeno tre volte al giorno.